È stata dura? Si è stata molto dura e poi ancora dura, ma a oggi posso dire c’è l’ho fatta.

All’inizio la bottiglia era stata una piacevole compagna di viaggio: bevevo con gli amici, durante
il fine settimana. L’alcol mi aiutava a vincere la timidezza e risultare più brillante, in società
Poi l’alcol è diventato il rifugio dove nascondevo i miei problemi. Avevo un’ambizione sfrenata,
sul lavoro: mi proponevo obiettivi irraggiungibili, e se non li raggiungevo mi sentivo
profondamente delusa. Bere mi aiutava. Questo era quello che pensavo io.
Non importa quanto e cosa bevi, ma quello che ti succede quando hai bevuto: è alcolismo
quando non si riesce a smettere, quando il primo bicchiere tira il secondo, e così avanti. Senza
riuscire a scegliere. È come un fiammifero lanciato sulla benzina.
Lavoravo, ma è facile immaginare come, ho iniziato a collezionare fallimenti. Spaccavo
macchine, sprecavo denaro, mettevo a rischio la relazione con la mia famiglia. E non ascoltavo
quelli che provavano a consigliarmi: mi alteravo, non sopportavo le loro parole.
L’alcol mi serviva per superare l’ansia, la timidezza e le frustrazioni, ma all’alcol delegavo anche
i momenti che potevano essere felici: se andavo a una festa, se celebravo una ricorrenza, se
partecipavo a un matrimonio prendevo in mano il bicchiere e non lo lasciavo più. La mia famiglia
è stata l’ancora di salvezza, ha sopportato tutti i dolori che le ho dato, e con resistenza,
speranza e comprensione mi è rimasta accanto.
Ho capito che cosa mi stava succedendo grazie alle persone del club che frequento, sapevano
di che cosa stavano parlando, avevano provato loro stessi, avevano esperienza.
Non feci programmi a lunga scadenza, ma obiettivi giornalieri: il gruppo mi proponeva soluzioni
che si rivelavano efficaci, era come una palestra che mi dava la carica, e la condivisione mi
aiutava a raggiungere, senza bere, i giorni successivi.
Poi si cominciai ad ammettere che la vita era diventata insostenibile, e intrapresi le tappe che
indicano una via progressiva di uscita.
Vivere senza alcol significa anche rimettere a posto la propria vita, e questa è la cosa più
difficile perché bere è come una stampella a cui ci si aggrappa, e che bisogna imparare a
sostituire con i veri valori spirituali, morali, comportamentali.
Ho cominciato ad osservare con lucidità i miei difetti e riappacificarmi con le persone che avevo
attorno: volevo diventare responsabile della mia serenità e di chi mi circondava e trasmettere
questo messaggio agli altri.
È grazie a chi mi è stato vicino: i miei figli prima e i compagni del club dopo, Franco sempre
(prima durante e dopo) che ho potuto liberarmi di quel “padrone”, sempre più esigente e
spietato.
È stata dura? Si è stata molto dura e poi ancora dura ma a oggi posso dire c’è l’ho fatta.
Daniela – Lucca